Il primo giorno di scuola e l’elefante rosazzurro

by Claudia Ravaldi

Oggi è il primo giorno di scuola. L’ingresso alla scuola primaria è un giorno atteso e celebrato dalle famiglie e dalle istituzioni. Quest’anno entrano in prima elementare i bambini nati nel 2009.

Stamattina la mia bacheca di facebook è letteralmente fiorita di foto di zainetti, grembiulini, cartelle, messaggi beneaugurali, messaggi di mamme sorprese di come passa veloce il tempo, dalla culla allo zainetto. Tra tutti questi messaggi di festa e di eccitazione nella mia bacheca sono comparse decine di messaggi di ricordo. 

Oggi, tanti bambini, Angelo, Laerte, Viola, Elisa, Mattia, per dirne solo alcuni, sarebbero dovuti andare alla scuola primaria.

Forse avrebbero scelto zainetti dei superereoi, forse avrebbero discusso ore su quale maglietta indossare sotto al grembiule. 

Forse sarebbero stati emozionati e taciturni, o chiassosi e spensierati. Chi lo sa. Nessuno può saperlo. Possiamo solo provare a immaginare. E questo è tutto ciò che un genitore colpito dalla perdita del suo bambino può fare. Inevitabilmente.

Questo pezzo “post-datato” del lutto perinatale è così spaventoso da essere comunemente rinnegato dalla società, che tenta come può di nasconderlo sotto il tappeto. Facendo finta che non ci sia. Cercando di chiamarlo lutto complicato, o malattia.

Tentando di convincere i genitori a cercare una cura (?) per non dover più  fare certi pensieri e certi discorsi.

Che se non ci pensi stai meglio, dicono.

Ebbene. E’ giunto il momento di fare coming out. Di dire a tutti ciò che noi genitori in lutto ci diciamo nei gruppi, e nei forum, e nei libri, e nei film. Siamo pronti per dirvelo. Confidiamo nella vostra clemenza.

C’è un elefante rosaazzurro nascosto sotto il tappeto di migliaia dei nostri salotti.

In questi salotti mamme giovani e meno giovani, con molti o pochi o nessun figlio da badare, con o senza mariti e compagni, con lavori eccellenti o disoccupate, credenti o non credenti, sorridenti o preoccupate, sole o piene di amiche, vivono le loro vite “senza”.

Le vivono, a volte in modo realmente eccellente. Al punto che se non eri lì in quei giorni, non sai che nel loro salotto abita un elefante rosazzurro sotto il tappeto. Non lo vedi proprio, l’elefante. Perchè l’elefante si fa vedere solo da chi ha amato e perduto. Da chi ama chi ha amato e perduto, non da chiunque. Al limite, chiunque può ascoltare la storia dell’elefante che occupa i salotti. Ma non può vederlo, può solo sapere che c’è.

Alcune donne, prese dal desiderio di sfrattare l’elefante, perchè è la società che ce lo chiede, hanno impiegato energie mentali e fisiche e economiche nel tentativo di farlo uscire dalle loro vite.

Ci vuole energia positiva per superare un lutto” dicono quelli che non sanno.

Bisogna lasciare andare” dicono quelli che solo a vedere il riflesso dell’elefante gli viene un’angoscia che levati.

Non pensarci!, fallo per gli altri figli / tuo marito / tua nonna” dicono i più.

Grazie, cari.

Noi non ci pensiamo attivamente. Non siamo mica matte. Non siamo neanche malate di lutto complicato.

Abbiamo vite più o meno ricche e soddisfacenti (vi dirò, a volte molto più soddisfacenti della media, perchè abbiamo imparato a caro prezzo che la vita va vissuta a pieno, finchè si può).

Eppure.

Eppure le vite delle persone sono scandite dagli eventi, privati e pubblici. Nascite, morti, malattie, promozioni al lavoro, lauree, matrimoni, natali, pasque, feste della mamma, primi giorni di scuola.

Ci sono dei giorni che tutta la vita si condensa in un piccolo particolare.

Poter condividere socialmente un evento, essere parte di ciò che accade a migliaia di persone in contemporanea, oppure no.

Per le mamme e i papà colpiti da lutto perinatale nel 2009, oggi è un giorno dolce amaro.

E’ il giorno in cui l’elefante, che magari da mesi sta nell’angolo sotto lo scrittoio dove non si siede praticamente nessuno, e col quale abbiamo avviato una pacifica convivenza, improvvisamente si sdraia pancia sotto in mezzo alla stanza. Davanti alla porta d’ingresso.

Non puoi non vederlo, a costo di caderci sopra.

Non puoi ignorarlo, perchè oggi l’elefante ha deciso di soffiare a tutta canna con la sua mirabolante proboscide di serie.

Non è così che funziona, sbarazzarsi dell’elefante e ciao!, per noi genitori colpiti da lutto perinatale.

O per lo meno per molti di noi.

Riuscire a dirselo, e poi a dirlo agli altri è un passaggio tutt’altro che scontato.

Ciao, sono Rossella e stamattina il mio elefante rosazzurro si è di nuovo piantato in mezzo al salotto. Una bella seccatura, perchè stasera ho il parrucchiere e la riunione dell’asilo della bimba.”

D’altronde bisogna capirli, gli elefanti rosazzurri.

Ci lasciano liberi di guardare con fiducia e serenità alla vita per la maggior parte del tempo, dopo avere tentato di soffocarci per il primo paio di anni un giorno sì e l’altro pure.

In cambio, si prendono due o tre giorni chiave ogni anno.

Sono i loro giorni. E’ ciò che accade a tutte e persone colpite da lutto, che una volta superata la bufera dei primi anni, trasformano la disperazione dell’assenza in nostalgia e dolcezza.

Caro il mio elefante rosazzurro personale: sì, mi sei un pò simpatico, ormai ti conosco da nove anni e mezzo, e devo dire che rispetto ai primi anni, sei anche parecchio più discreto, e in forma fisica smagliante.

Ora però torna sotto lo scrittoio, che mi ingombri un pò troppo la vita.

Alle mie amiche mamme del 2009.

Alle mie amiche mamme del 2004.

A chi ha il coraggio di sedersi sui nostri divani e passare del buon tempo con noi, anche se nelle nostre case abitano elefanti rosazzurri sotto il tappeto, a volte in mezzo alla stanza, a volte sotto gli scrittoi.

Buon primo giorno di tutto il resto della nostra vita, coi nostri figli nel cuore.

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