A volte capita di essere contatti dall’ospedale, proprio nelle ore in cui una mamma sta affrontando il parto del suo bambino morto.
A volte capita che a chiamare sia un’ostetrica che ha fatto qualche corso con noi, o sia direttamente un padre, su indicazioni del personale, del passaparola di amici, o per libera iniziativa.
Capita dunque, che due perfetti sconosciuti entrino in contatto per parlare di una tra le cose più dolorose e più neglette che esistano.
E’ appena morto il mio bambino. E adesso?
Questa testimonianza a due voci, è scritta dal papà di Tommaso, e in calce contiene le parole di Cristina Fiore, che ha facilitato l’incontro di Tommaso con la sua famiglia.
Buona lettura, e un sentito grazie ai genitori di Tommaso e ai volontari formati di CiaoLapo, che ogni giorno fanno ciò che possono, meglio che possono, con dedizione, competenza e umiltà.
Le parole di un padre
“Il primo pensiero dopo aver terminato la telefonata con Cristina è stato: “Questa è pazza!!! Io dovrei entrare nella stanza dove c’è mia moglie con nostro figlio morto in pancia che si dispera da ore ed ore e dirle che fare il parto naturale è la scelta migliore…che ci hanno consigliato bene e che abbiamo preso la decisione giusta…che dopo il parto dovremmo stare con nostro figlio vederlo, accarezzarlo e se ci riusciamo potremmo anche fotografarlo…magari vi fate aiutare dall’ostetrica…insomma comportarci come se non fosse successo nulla!!! E me lo ha anche detto : quello che ti sto consigliando di fare ti sembrerà strano…strano!!! No è assurdo!!! Questa è matta!!! Io voglio che l’incubo finisca in fretta, voglio tornare a casa togliere tutto quello che avevo preparato…buttare tutto …però secondo lei farei uno sbaglio dovrei mettere tutto da parte e per poi non avere rimpianti di non avere più nulla di Tommaso…Tommaso non c’è più non c’è altro da fare e da pensare!!! Fine dei discorsi!!!
Secondo pensiero: però siamo venuti qui al Gaslini perché ci hanno detto che sapevano cosa fare in queste situazioni…siamo stati noi a voler andare via dal piccolo ospedale di provincia , se fossimo restati la poteva essere già finito tutto ieri… in un oretta, come mi aveva detto il ginecologo di turno, avrebbero fatto tutto, la sala operatoria era pronta…in un attimo l’incubo sarebbe finito…ma noi siamo voluti venire qui…forse dovrei provare a tranquillizzarmi e pensare…io non conosco questa Cristina, non conosco l’associazione, non so nulla di loro però è sabato, è estate, non è una bellissima giornata ma secondo me al mare si sta benissimo e questa ha voglia di mandare dei messaggi ad una mamma disperata e di chiamare un papà altrettanto disperato per consigliarli cosa fare e rovinarsi forse la sua giornata di festa per stare vicino a due genitori che stanno vivendo la cosa più infame che ti può fare la natura…ok forse dovrei provare ad ascoltarla…ok mi fido… mi faccio coraggio entro nella stanza e dico a Paola cosà dovremmo fare…
Dopo la telefonata sono seguiti altri messaggi con Cristina che non ci ha mai abbandonato e che è presente anche ora sempre!!! Fondamentale è stato anche il supporto dell’ostetrica Katia che ci ha guidato durante il parto di Tommaso nel modo più naturale possibile e ci ha aiutato a fare tutte quello cose che nel mio primo pensiero avevo catalogato come assurde, grazie ha loro ho potuto conoscere Tommaso.
Grazie a una semplice telefonata di 5 minuti ed a degli operatori consapevoli di quello che stavamo vivendo e consapevoli di quello che era meglio per noi in quel momento e per il futuro posso affermare con orgoglio che io e mia moglie siamo genitori fortunati:
Siamo fortunati perché ogni giorno quando dedico un po’ di tempo a Tommaso nella mia mente compare subito il suo viso
Siamo fortunati perché se non avessimo visto il viso di Tommaso non sapremmo che assomigliava tantissimo alla sua sorellina Camilla
Siamo fortunati perché abbiamo potuto abbracciarlo, coccolarlo, annusarlo, baciarlo
Siamo fortunati perché abbiamo potuto vestirlo con il vestino che avevamo scelto di mettergli nel suo primo giorno di vita
Siamo fortunati perché se non gli avessi fatto delle foto la sua mamma tutte le sere prima di addormentarsi non potrebbe guardarlo e dedicargli un pensiero
Siamo fortunati perché un giorno quando Camilla vorrà vedere il viso del suo fratellino che vive sulla stella lo potrà fare
Siamo fortunati perché Camilla ha potuto regalare a Tommaso il suo ciuccio e fargli un bellissimo disegno che si è portato sulla stella
Siamo fortunati perché anche le preziose amiche che sono state vicine a mia moglie durante la lunga attesa hanno potuto conoscere Tommaso
Siamo fortunati perché Tommaso ha regalato alla sua sorellina un bellissimo vestitino rosa da ballerina
Siamo fortunati perché non ci siamo sentiti abbandonati
Ma oltre ogni altra cosa siamo fortunati perché Tommaso c’è e ci sarà sempre.
Senza l’aiuto delle persone che ci hanno consigliato e che continuano a consigliarci e a guidarci non credo che avrei mai potuto scrivere queste righe perché non avrei mai potuto pensare di essere un genitore fortunato.”
Luca un papà fortunato
Le parole di un operatore formato
“Ogni volta che arriva una telefonata, un messaggio, una mail che parla di lutto, che racconta della morte di un piccolissimo, ogni volta il cuore si stringe.
Sento dentro un senso di inutilità, il dolore onda su onda entra in me. Il momento in cui mi trovo a cercare gli strumenti e le risorse parte sempre da una grande frustrazione, quella di non potere comunque restituire un figlio alla famiglia che lo piange.
È così che mi pongo di fronte ai genitori, io non so che poche cose, strumenti minimi di soccorso; ma posso ascoltare e posso stare con quelle onde di disperazione ed incredulità che si alternano con la consapevolezza di non avere soluzioni ma “soste”.
Quando sei a conoscenza di che cosa dire e sai anche come dirlo, allora l’unica resistenza che trovi, come operatore, è crederci. Credere davvero che ciò che stai facendo è cosa buona rispetto alla tendenza attualizzante[1] di quel genitore, di quella coppia. E a volte non è facile affidarsi a questo credo quando cozza con le tue paure profonde, con i fantasmi che evoca la morte, il contatto con il corpo del defunto, il commiato finale.
Credere che sia utile, che serva nonostante tutto. Che abbia senso. Che sia cornice alla devastazione che i genitori portano nei racconti. Ed avere sincero interesse.
Quando infine questo alchemico esserci si svolge in un abbraccio a quella realtà narrata, appare chiaro come le condizioni di Rogers[2] siano fondanti la relazione e si traducano in un terreno facilitante l’altrui benessere di cui non so nulla e non ho soluzioni ma solo strumenti.
Sottesa l’umiltà di non avere risposte ma di poter stare con le domande, i dubbi e la disperazione.
Non è però proponibile un approccio di tale portata senza un’adeguata formazione che non può prescindere da costante attività di supervisione e intervisione. La stessa formazione che dovrebbe essere spesa nei confronti degli operatori che giocano un fondamentale ruolo in acuto.
In cambio? La consapevolezza di essere professionali e preparati e il nutrimento che arriva dalla relazione d’aiuto.”
Cristina Fiore
[1] Tendenza attualizzante: elemento essenziale, convincimento e teoria sperimentata nell’approccio al counseling di Carl Rogers, fulcro che rende possibile il cambiamento e la crescita, attraverso strumenti quali l’accettazione positiva incondizionata, l’empatia e la congruenza.
“Ogni organismo è animato da una tendenza intrinseca a sviluppare tutte le sue potenzialità e a svilupparle in modo da favorire la sua conservazione e il suo arricchimento.” (Rogers e Kinget, ‘65).
[2] Empatia, congruenza, accettazione positiva incondizionata