La storia di Davide, nelle parole della sua mamma.
“Niki ha ventisei anni e aspetta il suo primo figlio. È all’ottavo mese di una gravidanza voluta e vissuta serenamente. Aspetta un maschietto che si chiamerà Davide.
Oggi si è alzata con una strana sensazione. È stanca: il monello dentro di lei l’ha tenuta sveglia con i suoi movimenti. Inoltre, il caldo di questi primi giorni di giugno e le alzate per il bagno non le hanno facilitato la nottata. L’aspetta una settimana lavorativa piena per il passaggio di consegne prima della sua meritata maternità, rimandata alla fine dell’ottavo mese.
Dà un bacio a Gabriel, suo marito, stranamente a casa in malattia, e si avvia a far colazione. Però si sente strana. Ha male alla pancia, un dolore particolare, che non riesce a capire. Tastandola si accorge che ha le contrazioni.
“Ma come? Di già? Ma forse sono preparatorie.. Umh, ma fanno così male…”. Senza darci troppo peso, lo dice a Gabriel, e poi, con l’intenzione di farsi una doccia, va verso il bagno, giusto in tempo per rimettere tutta la colazione. La nausea è stata una fedele compagna di tutti quei mesi, ormai non ci fa neanche più caso.
Il dolore però non accenna a diminuire, e si accorge di sudare freddo. Niki inizia a preoccuparsi. Gabriel la convince ad andare in ospedale.
L’accompagna all’ingresso del pronto soccorso, e va a cercare parcheggio mentre lei si dirige verso l’ascensore.
Appena arrivata in reparto, spiega i suoi sintomi. L’ostetrica di turno la fa accomodare nello studio, facendola passare davanti agli appuntamenti già fissati, che la guardano male.
Le fanno la scheda di ingresso e mandano a chiamare il dottore di turno.
L’ostetrica le misura la pressione e tranquillizza Niki, dicendole di non preoccuparsi troppo perché in giro c’è una gastroenterite.
“Ad ogni modo non preoccuparti, a 34 settimane un bimbo è già formato, quindi anche se volesse nascere non ci sarebbero problemi” le dice l’ostetrica sorridendo. E Niki si tranquillizza. Anche se i dolori non accennano a passare.
Il dottore è impegnato, così l’ostetrica accompagna Niki a fare un tracciato. Gabriel le segue. Mentre cammina dietro all’ostetrica, a Niki risale la nausea. Chiede di andare in bagno, appena in tempo per rimettere anche il succo d’arancia che si era bevuta prima di andare in ospedale. Per l’ostetrica questo non è altro che una conferma della gastroenterite.
Niki non ha mai fatto tracciati in vita sua. Non sa cosa aspettarsi. Non sa cosa è normale e cosa no. Le mettono il rilevatore sulla pancia. Si sente un flebile suono. L’ostetrica la guarda a lungo e manda a chiamare il dottore per un codice rosso. Ma Niki non capisce. Infondo lei non ha mai fatto tracciati. Intuisce che qualcosa non va, certo, e pensa che forse avrà un parto prematuro. “Maledizione non ho ancora preparato la valigia….” .
La fanno accomodare di nuovo nello studio, dove arriva il medico chiamato. Ma non solo lui. Arrivarono altri medici e ostetriche. Niki è inquieta. “Quanto sarà grave se ci sono così tante persone?”. Intravede anche la sua ginecologa che entra. “Finalmente un viso conosciuto” pensa sorridendole. Ma appena dietro a lei entra il primario. Niki è sempre più preoccupata. “È arrivato anche il primario, forse Davide nascerà davvero oggi…”.
Tutti lasciano spazio al primario, che si siede accanto a lei e prende l’ecografo. Quando lo appoggia sulla pancia non si sente niente. Non si sente quel cavallo impazzito che è il cuore di Davide. Niki si chiede perché hanno tolto il volume all’ecografo. Guarda Gabriel, che a sua volta la guarda mesto. Guarda la sua ginecologa. Fissa il primario.
“Fatele gli esami urgenti, dobbiamo capire che cosa è successo”.
Improvvisamente il silenzio è rotto da questa frase. E lei capisce. Solo allora capisce.
E allora, con tutta la forza che ha dentro, fa la domanda che non avrebbe mai voluto fare: “non c’è più?”. La sua ginecologa le prende la mano e scuote la testa. Niki cerca Gabriel con lo sguardo e con voce rotta inizia a dire: “Ma come? Io stanotte l’ho sentito! Dovevamo venire prima? Stanotte c’era, stanotte…” e prima di finire la frase, Gabriel la stringe forte a sé. Niki tace e le lacrime iniziano a sgorgare silenziose.
Poi tutto accade…
La visitano, e si accorgono che il collo dell’utero è già accorciato. Il travaglio è in atto.
Le assegnano una stanza e le spiegano che, essendo il travaglio in atto e il bimbo in posizione, la cosa migliore è che partorisca lei naturalmente. “Ma come? Se non c’è più non va via da solo?!?” Pensa dansosi poi della stupida.
Di prassi non fanno l’epidurale, ma nel suo caso hanno già allertato un anestesista.
Niki annuisce, ma sente solo voci in lontananza. Lei percepisce solo il suo respiro rimbombargli in testa.
Gabriel la guarda. Capisce. D’altronde la conosce molto bene. Non dice niente. La prende semplicemente tra le braccia ma lei, dopo qualche secondo si divincola. Ha paura di lasciarsi andare. E ora ha bisogno di forze. Riflette.
Dice a Gabriel di chiamare per lei i suoi genitori, di avvisare l’ufficio e di andare a casa a prendere il necessario. Necessario che non è ancora pronto, visto che ha comprato solo un paio di vestitini per Davide, “tanto di tempo ce n’è…”.
In poco tempo sua madre è lì accanto a lei, con gli occhi lucidi. L’abbraccia ma Niki non riesce neanche più a piangere. Sente troppo male.
Dopo poco, richiamano Niki in ambulatorio. Durante la visita, si accorgono che il collo dell’utero è completamente accorciato così, senza dirle niente, le rompono le acque. Niki per la prima volta urla. Il male è tanto, così all’improvviso. Ma si rende conto che non sarebbe stato il peggiore.
Alle 11 trasferiscono Niki in sala travaglio. Lei è un automa. Fa quello che le dicono di fare. Non piange. Non parla. Non riesce a pensare a niente se non al male che sente in fondo alla pancia, per le contrazioni, e in fondo al cuore, per quella situazione innaturale che le sembra un incubo. Dopo mezz’ora, grazie all’epidurale, il dolore svanisce.
La fanno accomodare a sedere in una poltrona. Gabriel è sempre accanto a lei. La accarezza, la bacia. Le ripete che la ama.
Alle 13 tutto sta procedendo bene.
Il personale lascia spesso soli Niki e Gabriel. Che si guardano e accarezzano quella pancia che non si muove più. Le lacrime sgorgano mentre Niki pensa “si sono sbagliati, adesso Davide nasce e piange, ne sono sicura”.
Due ore dopo Niki inizia a sentire dolore. Inizia ad avere paura. Vorrebbe scappare da lì. Non vuole sentire le contrazioni. Contrazioni che le dicono che tra un po’ suo figlio verrà al mondo. Ma non piangerà. Il cuore spera ma la mente lo sa già.
Quello che succede dopo è tutto così confuso, è tutto così veloce…
Dolore, contrazioni, spinte e braccia sulla pancia. E ancora dolore e pianto. Dopo pochi minuti, che a Niki sembrano interminabili, Davide è fuori. Sono le 16.15. Gabriel piange e guardando Niki le sussurra: “è bellissimo”. Niki non ha più forze ma si sente chiedere “cos’è successo?”. La ginecologa le prende la mano e le dice che Davide aveva 2 giri di cordone ombelicale attorno al collo, uno dei quali stretto.
Poi l’ostetrica chiede a Niki “lo vuoi vedere?”.
Lei non sa cosa rispondere. Non riesce a pensare. Guarda Gabriel che con le lacrime agli occhi le ripete “è bellissimo”. Allora accetta. Glielo mettono sulla pancia, avvolto in un telino verde. Niki lo guarda, ed davvero, davvero bellissimo. Un piccolo angelo che dorme, con i capelli neri, i lineamenti perfetti e le manine chiuse. Gli accarezza una guancia ma ha paura di distruggere quella piccola perfezione. Vorrebbe prendergli una mano, ma è dentro al telino. L’ostetrica se ne accorge e lei stessa tira fuori la manina di Davide, stretta a pugno.
Davide viene battezzano lì, in quella piccola sala parto, con l’ostetrica e la ginecologa accanto che piangono insieme ai genitori.
E poi iniziano le lacrime. E poi inizia il vuoto. E poi inizia il cammino…
2 MESI DOPO
Anche se è agosto, il tempo fuori non è dei migliori. Tuona e piove e Niki non riesce a non pensare al suo bimbo “là fuori”.
Allora prende carta e penna e scrive.
Caro Davide,
sono già passati due mesi da quando tu sei volato tra gli angeli.
Certa gente dice a me e a babbo che siamo cambiati. Penso che sia vero. Io non potrò mai più essere quella di prima.
In sei anni d’amore, io e il tuo babbo siamo cambiati tanto, ma è stato un cambiamento lento e non percepibile, di quelli che te ne accorgi solo se ti metti a pensare. Questo dolore invece ci ha cambiato improvvisamente.
E mi è venuto in mente il fiume.
L’acqua, come l’amore, leviga giorno dopo giorno le rocce formando il suo letto, formando il suo percorso che lo porterà al mare. Poi arriva un’alluvione. La tua morte per noi è stata l’alluvione. L’alluvione arriva improvvisa e spazza via tutto. Gli argini si rompono e il fiume tracima e scappa da tutte le parti. Quando la tempesta passa, il fiume deve raccogliere tutte le sue forze per ricomporre le sue acque, e cercare quello che resta del suo letto. Il percorso che conosceva prima non esiste più, spazzato dall’alluvione. Spesso è interrotto, così il fiume deve ricominciare da capo, a scavare un percorso diverso, che prima non aveva neanche contemplato, perché comunque sa, che prima o poi al mare ci arriverà anche lui.
Ecco Davide, il tuo babbo ed io ora stiamo raccogliendo le nostre acque. Il percorso che avevamo tracciato finora è andato distrutto in un batter d’occhio, ma noi ne costruiremo pian piano un altro, perché comunque al mare ci vogliamo arrivare. E prima o poi sono sicura che lo faremo. Allora, angelo mio, visto che da lassù sicuramente vedi noi, e riesci a vedere anche il mare, che a noi sembra così lontano e inarrivabile, aiutaci a tracciare la strada giusta, aiutaci a capire quale direzione prendere per arrivare al mare…
Con amore infinito
La tua mamma
Estratto da “Davide, Amato da Dio”, opera selezionata per l’ Antologia “Le canzoni sono angeli” dal concorso letterario “Le parole dell’amore”, 2010.