L’aborto spontaneo è purtroppo un evento molto frequente che si verifica dal 10 al 20% di tutte le gravidanze clinicamente riconosciute.
In questo documento, gli autori Margaret Mascherpa, Laura Avagliano, Francesca Angelini, Nicole Decurti, Claudia Ravaldi e Alfredo Vannacci fanno il punto sugli aspetti clinici e psicologici da considerare quando si riceve questa dolorosa diagnosi, affinchè ogni donna possa intraprendere il percorso terapeutico più adeguato alle sue reali esigenze.
L’aborto spontaneo è purtroppo un evento molto frequente che si verifica dal 10 al 20% di tutte le gravidanze clinicamente riconosciuteI.
L’aborto spontaneo può avere due tipi di decorso: aborto spontaneo completo e aborto spontaneo ritenuto.
Nell’aborto spontaneo completo si ha l’espulsione spontanea e completa fuori dall’utero della camera gestazionale e dell’embrione.
Questo processo può avere una durata variabile nel tempo (ore o giorni) e si manifesta con la comparsa di perdite ematiche similmestruali e contrazioni crampiformi che portano all’espulsione.
L’aborto spontaneo ritenuto è invece un evento “silente”, che avviene spesso senza chiari segnali esterni, senza dolori crampiformi e sanguinamenti.
Talora la donna può sospettare l’arresto dell’evoluzione della gravidanza per la scomparsa dei più comuni sintomi quali la nausea o la tensione al seno .
In questi casi l’aborto viene diagnosticato al momento della visita di controllo ginecologico, attraverso la visualizzazione ecografica di assenza del battito cardiaco fetale, spesso “a ciel sereno”.
Che sia completo o ritenuto, l’aborto spontaneo, specialmente quando la gravidanza è desiderata, è un evento traumatico che può avere sequele importanti dal punto di vista psichico, sia nella donna che nella coppia.
La comparsa del sanguinamento allarma le donne e può attivare un profondo “lutto anticipatorio”, che permane anche nel caso in cui le perdite si interrompano e la gravidanza prosegua.
La diagnosi di aborto ritenuto effettuata durante un controllo di routine è spesso doppiamente traumatica perché completamente inattesa ed inaspettata.
Sapere che accade a molte donne o che in teoria potrebbe capitare a tutte non diminuisce l’angoscia, lo shock e lo smarrimento dopo la diagnosi.
Questo stato psichico richiede una corretta capacità di gestione dell’evento da parte degli operatori e delle persone intorno alla coppia.
La donna deve potersi prendere un tempo appropriato per discutere in modo chiaro ed esauriente con i curanti delle procedure possibili.
Diventa essenziale fornire alla madre e alla coppia indicazioni mediche esaustive, assicurandosi che tutte le informazioni date siano state ben comprese.
Il ruolo del personale ospedaliero è fondamentale affinché i genitori possano utilizzare le loro capacità di coping per prendere la decisione per loro miglioreII.
Nell’approcciarsi alla donna e alla coppia l’operatore deve avere in mente che anche se la perdita è precoce, quando una gravidanza si interrompe l’evento segna la fine di un sogno, di un progetto destinato a rimanere incompiuto per sempreIII.
Il presente documento si concentra sulle diverse modalità di trattamento dell’aborto ritenuto quando diagnosticato entro il primo trimestre di gravidanza (fino alla 12a settimana gestazionale).
Nell’aborto interno la camera gestazionale è ancora ecograficamente visibile all’interno dell’utero.
In base all’epoca gestazionale in cui la gravidanza si è interrotta, il quadro ecografico può mostrare: – una camera gestazionale con diametro medio 25 mm “vuota” cioè senza embrione e sacco vitellino (il cosiddetto “blighted ovum”); – una camera gestazionale contenente uno o più embrioni/feti privi di battito cardiaco, ma che presentano dimensioni per le quali il cuore dovrebbe essere già formato, visibile e funzionante, ovvero con lunghezze vertice-sacro dell’embrione di almeno 7 mm all’ecografia transvaginale (10 mm se transaddominale).
Per misure inferiori a quelle sopra indicate, è necessario effettuare un controllo ecografico a distanza di almeno 7 giorniIV.
In seguito alla diagnosi di aborto completo non sono necessari approcci terapeutici di carattere medico ma è necessario il sostegno psicologico e un appuntamento di follow-up per ridefinire con i propri curanti l’accaduto.
In seguito alla diagnosi di aborto interno, oltre al sostegno psicologico è invece necessario un counseling medico appropriato per capire come è meglio procedere affinché l’aborto possa concludersi in modo sicuro per la salute della donna.
I trattamenti che si possono intraprendere di fronte ad un aborto ritenuto sono treV:
•la condotta di attesa;
•la terapia farmacologica;
•la terapia chirurgica.
Ogni opzione presenta vantaggi e svantaggi e la scelta del tipo di approccio dipende molto dal contesto in cui ci si trova.
Non esistono regole obbligatorie e fisse: l’approccio andrebbe concordato tra il medico e la paziente e modulato in base al dato clinico-obiettivo, alle necessità/preferenze della donna ed alle disponibilità della struttura sanitaria (le linee guida inglesi, per esempio, sconsigliano la condotta d’attesa laddove non sia possibile garantire una assistenza medica h24)IX.
Condotta di attesa
Attendere che l’espulsione avvenga spontaneamente è una valida opzione laddove la donna sia in buone condizioni generali di salute.
In questi casi la condotta di attesa è una opzione di trattamento sicura tant’è che le linee guida inglesi la propongono come prima scelta a seguito della diagnosi di abortoIX.
Solitamente l’espulsione spontanea avviene nei giorni successivi alla diagnosi di aborto interno; a volte possono verificarsi delle attese più lunghe, anche di qualche settimanaVIII.
È molto importante poter offrire alle donne che scelgono la condotta di attesa un counseling di sostegno appropriato.
“Lasciare andare quella gravidanza e quel bambino” è un vero e proprio lavoro di lutto che avviene dentro al proprio corpo: questa caratteristica specifica dell’aborto ritenuto e della morte in utero si associa a una profonda sofferenza, che è necessario riconoscere e saper affrontare, così da permettere nel tempo la ricostruzione della fiducia in se stesse, nel proprio corpo e nelle proprie capacità riproduttiveVII.
Diventa essenziale fornire alla coppia tutte le informazioni mediche e prevedere dei follow-up per verificare lo stato di salute, fisica e psicologica, della donna per darle la possibilità di rivalutare, confrontandosi con l’équipe dei curanti, la decisione presa.
A questo proposito è molto importante informare la donna delle caratteristiche del sanguinamento a cui andrà incontro.
Il flusso di sangue potrà essere infatti più abbondante del normale flusso mestruale e potrà essere più doloroso, associato a crampi uterini. Potranno inoltre essere espulsi anche alcuni coaguli.
L’intensità delle perdite di sangue e dei dolori può essere proporzionale alla settimana in cui la gravidanza si è interrotta.
Potrebbe essere preferibile scegliere la condotta d’attesa in caso di interruzioni di gravidanza precoci rispetto ad interruzioni avvenute a settimane più avanzate, ma non è una regola universale, anche perché molto dipende dalla soglia personale di dolore e dalla storia riproduttiva della donna.
Il vantaggio principale della condotta di attesa è quello di evitare i rischi connessi alla procedura chirurgica.
Lo “svantaggio” in questo caso è relativo e soggettivo, perché è legato all’imprevedibilità della durata dell’attesa e alla gestione domiciliare di un sanguinamento abbondante. È opportuno considerare che secondo varie linee guida VI,VII il tasso di successo della procedura di attesa è lievemente inferiore rispetto ad una condotta attiva.
In alcuni casi infatti la condotta di attesa può protrarsi così a lungo da comportare la necessità di ricorrere comunque ad un intervento attivo.
Trattamento farmacologico
Il razionale del trattamento farmacologico dell’aborto spontaneo ritenuto consiste nell’ottenere l’aborto completo mediante l’utilizzo di farmaci che comportino l’espulsione della camera gestazionale dall’utero.
I farmaci utilizzati comprendono preparati con un’azione ormonale (mifepristone: antagonista del progesterone) e preparati con capacità uterotonica (stimolano cioè l’insorgenza delle contrazioni uterine e/o la maturazione della cervice: analoghi delle prostaglandine, ad esempio misoprostolo o gemeprost). Fondamentalmente possiamo suddividere la terapia farmacologica in due tipologie di approccio:
• Associazione dei due farmaci: iniziale utilizzo di mifepristone, farmaco antiprogestinico, assunto per via orale. Determina una modifica della recettività della decidua, la superficie interna uterina in cui si impianta la gravidanza. Dopo 1-2 giorni dall’assunzione del mifepristone si procede con l’assunzione di prostaglandine. Questo protocollo farmacologico è sovrapponibile a quello utilizzato nell’interruzione volontaria di gravidanza.
• Utilizzo di un solo farmaco: le prostaglandine (misoprostolo o gemeprost). Il farmaco più utilizzato, nonché il più citato negli studi scientifici, è il misoprostolo somministrato per via vaginale, anche se è possibile l’assunzione orale. Tuttavia dosaggi, schemi di trattamento e vie di somministrazione sono ancora estremamente variabili poiché dagli studi non è emersa una opzione nettamente superiore alle altre IX.
Questo giustifica le differenze di protocolli terapeutici che si possono trovare nei vari reparti di ginecologia. Uno dei protocolli più frequentemente applicati prevede la somministrazione di 800 mg di misoprostolo. La risposta uterina potrà ottenersi nello stesso giorno dell’assunzione del medicinale. Dopo un’attesa di qualche giorno si effettua un controllo ecografico. Se non si è ottenuta l’espulsione completa del prodotto del concepimento si procede ad una nuova somministrazione del farmaco a cui segue nuovamente un’attesa di qualche giorno e un successivo controllo ecografico. Se dopo la terza somministrazione del farmaco non si ottiene l’aborto completo si procederà al trattamento chirurgico. Il vantaggio che il trattamento medico offre alla donna consiste nell’ottenere, nella maggioranza dei casi, la completa espulsione anticipando i tempi rispetto alla condotta di attesa ed evitando l’intervento chirurgico. Gli svantaggi sono l’imprevedibilità del tempo di azione dei farmaci, il sanguinamento che – pur lievemente – risulta comunque maggiore rispetto al trattamento chirurgicoVII e la mancata possibilità di effettuare un esame diagnostico sull’embrione per ricercare le possibili cause dell’aborto .
Infine, in un numero limitato di casi, il trattamento potrebbe non avere effetto, rendendo quindi necessario il ricorso in un secondo tempo alla chirurgia. I possibili effetti collaterali del misoprostolo, soprattutto se assunto per via orale comprendono diarrea, nausea e vomitoIX.
Trattamento chirurgico
In termini tecnici si parla di “Revisione della Cavità Uterina” (RCU) o di “isterosuzione”: il chirurgo con degli appositi strumenti (Hegar) dilata il canale cervicale e procede quindi alla asportazione o aspirazione del materiale abortivo dall’utero.
L’intervento si svolge in sala operatoria in anestesia o sedazione profonda, è di breve durata e comunemente avviene in regime di Day Hospital.
L’intervento chirurgico non riveste caratteri d’urgenza e viene generalmente programmato in base alle disponibilità logistiche del reparto.
I vantaggi del trattamento chirurgico sono la rapidità di risoluzione dell’aborto interno e la possibilità di effettuare esami diagnostici sul materiale prelevato per identificare le possibili cause dell’aborto. Gli svantaggi riguardano i maggiori rischi di complicanze legati alla procedura. Le complicanze sono poco frequenti (si assestano intorno al 2% dei casi) e comprendono lesioni all’utero (perforazione della parete, circa nello 0,1% dei casi) lesioni della cervice (circa 1% dei casi), complicanze emorragiche, complicanze infettive e anestesiologicheX. Raramente, specialmente in caso di interventi ripetuti di revisione uterina, possono anche verificarsi complicanze più a lungo termine come la formazione di aderenze tra le pareti interne uterine (sindrome di Asherman).
Riassumendo, con la diagnosi di aborto spontaneo ritenuto si aprono tre possibili scenari: l’attesa che l’espulsione avvenga naturalmente, l’assunzione di farmaci ad effetto abortivo oppure l’intervento chirurgico di revisione della cavità uterina.
Ogni scelta offre vantaggi e svantaggi e, a seconda di vari fattori, può rivelarsi più o meno efficace. Non è detto che un trattamento adatto a una donna vada bene per un’altra. La scelta va discussa adeguatamente e personalizzata.
Aspetti psicologici e relazionali – Il ruolo dell’ostetrica
L’ostetrica ha il compito di fornire alla donna tutte le informazioni utili a capire cosa sta succedendo al suo corpo, attraverso un counseling mirato a dare sostegno, far emergere eventuali altri fattori di stress e accogliere le sue emozioni. L’ostetrica sta accanto alla donna e riflette con lei sulle tre possibilità di intervento. L’ostetrica ha il compito di affiancare la donna durante la diagnosi e nel percorso decisionale successivo; la sua presenza può essere di grande utilità per riattivare le risorse interne della donna e le sue competenze psicologiche e fisiche, al fine di fronteggiare al meglio questa esperienza .
L’ostetrica offre un quadro chiaro delle opzioni possibili di intervento a breve, medio e lungo termine e fornisce informazioni su come gestire gli eventuali sintomi residui della gravidanza, come comportarsi quando inizieranno i dolori delle contrazioni e le perdite ematiche. In alcune realtà ospedaliere può anche provvedere a concordare controlli ambulatoriali seriati. Nel sostenere le scelte della donna, l’ostetrica la informa delle caratteristiche cliniche ed organizzative del percorso scelto: l’iter pre e post operatorio, la programmazione delle visite e della data del ricovero e alcune importanti informazioni relative al “dopo”, come la gestione dell’esame istologico e/o citogenetico e le leggi vigenti in materia di sepoltura. L’ostetrica attraverso il counselling, l’empatia e l’ascolto attivo può accompagnare la donna in questo percorso, sostenerla nell’elaborazione del lutto e aiutarla ad esprimere le proprie emozioni e proprio il vissuto.
Il ruolo del counseling psicologico
Le conseguenze di una perdita, anche precocissima, sul benessere fisico e psicologico della donna e della coppia non andrebbero mai trascurate o sottovalutate e tutte le donne dovrebbero ricevere, unitamente all’assistenza medica, anche un sostegno psicologico e relazionale. Il sostegno psicologico viene offerto tutte le volte che gli operatori riconoscono la perdita e rispettano il dolore della donna e della coppia senza minimizzarlo. Riconoscere e rispettare l’investimento emotivo fatto dalla coppia su quella gravidanza e quel bambino aiuta a avviare correttamente l’elaborazione del lutto. Ogni donna e ogni coppia hanno una storia a sé, che rende comunque unica l’esperienza della gravidanza e della perdita. Poter esplorare con la donna il significato che attribuisce alla gravidanza e alla perdita può essere molto importante per elaborare il lutto e per le future gravidanze. Gli operatori sanitari, medici e ostetriche, dovrebbero unire aspetti relazionali a quelli più tipici della loro professione di diagnosi e cura. Il supporto al lutto dovrebbe essere parte della prassi clinica, come evidenziato anche dall’Organizzazione Mondiale della SanitàXIV che invita ogni operatore a riconoscere la perdita subita dalla donna, a rispettarla e a offrire sostegno. Nessuna perdita è “troppo piccola” e nessuna perdita dovrebbe essere sminuita, soprattutto dagli operatori sanitari. Oggi siamo abituati a ritenere l’aborto spontaneo un “non evento”, dimenticando il significato soggettivo che ogni gravidanza assume per la coppia in attesa. Il fatto che la gravidanza si interrompa precocemente non rende “tutto più facile”, anzi. L’aborto spontaneo interrompe un processo in atto in modo brusco e intempestivo. Spesso la coppia non ha neppure fatto in tempo a entrare in relazione con il bambino gestato, che è già tutto finito. Il vuoto prende il posto della vita che cresceva. Le madri arrivano a domandarsi se davvero il loro oggetto d’amore c’è stato; per i padri, che spesso non hanno che visto due linee positive sul test di gravidanza, è complesso riconoscere, accettare e motivare i loro sentimenti. In alcuni contesti la sofferenza non trova lo spazio per essere vista, riconosciuta e narrata dalla coppia. Compito di chi assiste i genitori, sia sul piano fisico che psicologico, è riconoscere e legittimare il dolore, senza minimizzare, sminuire o etichettare come eccessivo ciò che sentono. Accogliere l’incredulità, il diniego e la rabbia che possono accompagnare i momenti successivi alla diagnosi di aborto spontaneo con un ascolto attivo, privo di giudizio e preconcetti è alla base della care anche per queste coppie. Passata la prima fase di shock i genitori possono sentire il bisogno di parlare con qualcuno di quanto è accadutoXV, specialmente se devono tornare in ospedale per controllare come procede l’aborto. Per molte coppie si è rivelato utile ricevere una piccola memory box, una scatola dei ricordi progettata appositamente per raccogliere i pensieri, i sogni e i desideri di questi genitori per quel loro figlio e per quell’esperienza di gravidanza interrotta troppo presto. La nostra cultura ritiene spesso ancora inappropriato essere in “lutto” per un aborto, perché rimane difficile pensare ad un embrione o a un feto come a “una persona cara”XVI. Accettare la perdita di qualcuno che non è riconosciuto e non ha ancora una sua identità specifica, se non quella creata nel cuore dai suoi genitori è un percorso complesso che richiede sostegno per poter essere elaborato in modo sano.
Riferimenti bibliografici
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II. Ravaldi C, Assistere la morte perinatale. Il ruolo del personale ospedaliero nel sostegno ai genitori e ai familiari in lutto. CiaoLapo ed. 2018
III. Ravaldi C, Il sogno infranto, Officina Grafica Editoriale, 2016
IV. Linee Guida SIEOG 2015. Società Italiana di Ecografia Ostetrico Ginecologica. 2015. https://www.sieog.it/category/linee-guida/.
V. Trinder J, Brocklehurst P, Porter R, Read M, Vyas S, Smith L. Management of miscarriage: expectant, medical, or surgical? Results of randomised controlled trial (miscarriage treatment (MIST) trial). BMJ. 2006;332(7552):1235-1240.
VI. Ectopic pregnancy and miscarriage: diagnosis and initial management. NICE Guidel No 126. 2019.
VII. NICE Clinical Guideline. Ectopic pregnancy and miscarriage: R Coll Obstet Gynecol. 2012;December:1-15.
VIII. Nanda K, Lopez LM, Grimes DA, Peloggia A, Nanda G. Expectant care versus surgical treatment for miscarriage. Cochrane Database Syst Rev. March 2012. IX. Lemmers M, Verschoor MA, Kim BV, et al. Medical treatment for early fetal death (less than 24 weeks). Cochrane Database Syst Rev. June 2019.
X. White K, Carroll E, Grossman D. Complications from first-trimester aspiration abortion: a systematic review of the literature. Contraception. 2015;92(5):422-438.
XI. Dreisler E, Kjer JJ. Asherman’s syndrome: current perspectives on diagnosis and management. Int J Womens Health. 2019;11:191-198.
XII. Luise C, Jermy K, May C, Costello G, Collins WP, Bourne TH. Outcome of expectant management of spontaneous first trimester miscarriage: observational study. BMJ. 2002;324(7342):873-875.
XIII. Jurkovic D, Overton C, Bender-Atik R. Diagnosis and management of first trimester miscarriage. BMJ. 2013;346(jun19 2):f3676-f3676.
XIV. Aborto e morte in utero, perché dobbiamo parlarne? Il documento OMS. https:// www.ciaolapo.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=608:aborto-e-mortein-utero-perche-dobbiamo-parlarne&Itemid=854
XV. Ravaldi C, Piccoli Principi, Officina Grafica Editoriale, 2011
XVI. Ravaldi C, La morte in-attesa, Officina Grafica Editoriale, 2016
Leggi l’intero documento e le tabelle riassuntive in formato pdf nella sezione documenti del sito.
2 comments
Leggo e noto che la mia esperienza è andata in modo diametralmente opposto.
Il 6 luglio scopo di aver abortito alla 6° settimana e la ginecologa non mi ha proposto nessuna scelta. Mi ha detto solamente “Hai abortito, ora aspettiamo 10 gg per vedere se espellerai tutto da sola, se no poi vediamo se fare un day hospital”. Quando le ho cercato di fare altre domande su cosa aspettarmi mi ha solo detto che sarebbe stata una mestruazione più lunga e più dolorosa. Non mi ha spiegato null’altro.
Il 9 luglio iniziano le prime perdite e dei dolori atroci. Tento di contattare la ginecologa due giorni dopo, ma mi richiama solo dopo altri due giorni, quindi mercoledì 13 luglio. Le spiego che ho delle fitte fortissime all’ovaio sinistro che si propagano in basso fino allo stinco e in alto fino alle costole. Glissa dicendo che è tutto normale e di prendere l’oki e di aspettare la telefonata dell’ospedale.. che arriva solo il 18.. e nemmeno lì sanno dirmi nulla. Mi fissano un appuntamento per un’ecografia per il 21 e, quando lo domando, mi informano che la ginecologa non ci sarebbe stata e avrei trovato il personale di turno.
Mi sono sentita abbandonata.
Il 21 trovo finalmente l’unica persona che mi spiega qualcosa. Mi avvisa che sarebbe stata brutale ma chiara (ho apprezzato) e mi ha detto che l’embrione è lì ed è morto e stavo vivendo un aborto ritenuto e che lei mi avrebbe fatto fare la procedura farmacologica prima.. quindi chiama il reparto che se ne occupa e mi prenota il day hospital per il giorno seguente. Mi spiega anche passo passo cosa sarebbe successo, quindi vado a casa, un pò sconvolta ma consapevole.
Ieri era il giorno del day hospital. Avrei dovuto subito prendere, dopo esami del sangue di routine, misoprostolo subito.. ma c’è un ma.. l’ostetrica mi da una pastiglia (notare che io sapevo che dovevano essere 3 per cui le ho chiesto perché me ne dava solo una e ha risposto che era giusto così) e dopo circa 15 minuti arriva il primario per dirmi che hanno sbagliato terapia e che hanno trattato il mio aborto ritenuto come un’interruzione volontaria di gravidanza.. perché l’ostetrica si è confusa pensa do che lei fosse come “l’altra ragazza”.
Chiedo cosa comporti questo errore e mi dicono “nulla, ora la mando a casa e poi torna dopodomani per fare la procedura giusta”.
Mi sono sentita morire. Mi stavano fondamentalmente dicendo che per un loro errore io avrei sofferto fisicamente ed emotivamente due giorni in più adducendo la scusa del “ma tanto non le fa nulla” e mi hanno rimandata a casa subito dopo.. sono uscita dall’ospedale esattamente 35 minuti dopo l’assunzione della pillola.
Peccato che non mi hanno spiegato gli effetti collaterali che poi ho scoperto da sola all’insorgere della febbre, del mal di testa e dei capogiri. Peccato che la.procedura prevede che avrei dovuto stare in osservazione per 3 ore e non essere rispedita al mittente solo perché protestavo per i loro errori.
…
Domani devo fare il day hospital per prendere le altre pastiglie. Al momento sto malissimo, ma la ginecologa non risponde. Ho paura che domani sbaglino ancora qualcos’altro
Ciao Francesca, spero che poi sia andato tutto bene, che la terapia abbia funzionato senza troppo dolore.
La mia esperienza è stata molto brutta. Aborto interno alla 5 settimana, attesa di due settimane per eventuale espulsione autonoma della camera gestazionale, che non avviene. La ginecologa mi manda al pronto soccorso della Mangiagalli, a Milano, dove mi danno il mifepristone e altre 4 pillole di misoprostolo da prendere da sola a casa dopo 48 ore. Mi dicono di assumere pure gli abituali antidolorifici o, se necessario, toradol in gocce. Meno di due ore dopo l’assunzione delle 4 pillole, iniziano contrazioni talmente forti da impedirmi di stare in piedi e di respirare normalmente. Inizio a vomitare, le gocce di toradol non hanno alcun effetto, le contrazioni sono fortissime. Vado in PS (fortunatamente avevo chi poteva accompagnarmi) e mi danno Toradol endovena. Lì riesco a espellere tutto. Due ore dopo sono a casa. Nessuno mi aveva avvertita della possibilità di stare così male. Fortunatamente avevo pensato di evitare di stare da sola e avevo chi poteva accompagnarmi in PS. Solo dopo ho saputo che queste pillole sono le stesse che vengono date per indurre i parti. Nessuno mi aveva spiegato cosa sarebbe successo. Esperienza che ha reso tutto ancora più difficile da sopportare
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