La memory box come strumento di cambiamento: la collaborazione tra CiaoLapo e Made in Carcere

by Claudia Ravaldi

Quando nel 2019 ho superato, scalino dopo scalino, tutto l’iter per essere eletta ashoka fellow non ho subito realizzato cosa significasse, nella pratica, essere selezionata per la mia impresa di cambiamento e di impatto nella società. La prima sorpresa è stata trovarmi in mezzo a persone capaci di stupirsi per le piccole cose impegnate a cercare soluzioni sostenibili a problemi complessi.

Finché non sono entrata nella comunità di Ashoka, per gli altri  io sono sempre stata quella che ragiona “troppo”: troppo visionaria, troppe idee, troppo idealista, sempre troppo impegnata a fare cose “poco importanti” o “troppo poco redditizie”. Improvvisamente (finalmente!) mi son trovata in mezzo a un centinaio di altri visionari come me: gente  piena di curiosità e di entusiasmo, mossa dalla voglia di cambiare le cose e dal desiderio di comprendere e risolvere i problemi in modo creativo, sostenibile e rispettoso e con vissuti molto simili ai miei (ho scoperto che noi visionari non andiamo tanto a genio ai non visionari, con tutto il nostro entusiastico indaffararci). Mi ha colpito l’assoluta disponibilità a pensare insieme sia ai problemi comuni che agli obiettivi dei singoli fellows, per condividere esperienze potenzialmente utili, risorse e strumenti. È stato proprio grazie a questa intensa  modalità di scambio periodico che,  durante una delle solite settimane di inventario e progettazione di CiaoLapo, ho pensato che tra i fellows poteva esserci qualcuno in grado di aiutarmi a realizzare un cambiamento che perseguivo da tempo. Erano anni che, anche a seguito delle considerazioni di tante famiglie, volevo mettere nella memory box due pupazzi di stoffa, e non uno soltanto (se desiderate approfondire la storia delle memory box e il senso dei pupazzi di stoffa, potete leggere qui), ma non ero riuscita a trovare un modo sostenibile per realizzare questo obiettivo. Quindi mi sono ricordata di Made in Carcere e ho scritto una mail a Luciana delle Donne,  per spiegare il progetto e la mia visione. In pochi giorni si è attivata una catena bellissima fatta di persone entusiaste,  sicuramente visionarie come me, ma coi piedi ben piantati a terra (perchè sì, il segreto dei visionari changemaker è avere la testa per aria e i piedi per terra): Veronica ci ha seguito in tutto il percorso, dalla realizzazione della prima coppia di elefanti, fino alla consegna finale. Questa esperienza ha coinvolto decine di persone emozionate, decine di mani operose, molti occhi svelti per accaparrarsi le stoffe più adatte alla tenerezza e alla morbidezza di Levante e della sua mamma, vari tentativi per testare le imbottiture, molta precisione per tagliere orecchie, occhi e code, cucire tutto, etichettare tutte le mamme elefante, imballare e spedire gli scatoloni.

Voglio ringraziare i sarti, che si sono trovati a gestire le nostre storie di lutto.  Non è così comune, creare cose belle per persone piene di dolore. Non capita tutti i giorni di occuparsi di  questo tipo di famiglie e non era scontato riuscire a lavorare su questo particolare prodotto trasmettendo delicatezza, cura e amore.

Luciana, che ha supervisionato tutto il progetto, ci ha mandato queste righe, che desidero condividere: “Levante ha scaturito nei ragazzi emozioni inaspettate… La tenerezza quella più tangibile. La tenerezza in istituto la si dimentica, la si rimuove, la si nasconde. Con la realizzazione di Levante sono tornati ai ricordi d infanzia… Tempo in cui tutto non era ancora stato macchiato da un reato… Sono riaffiorati ricordi di gioia… Il laboratorio pieno di colori tenui e forme morbide li ha trascinati in uno stato di leggerezza e pienezza. Realizzare Levante ha trasmesso loro il senso di cura di pazienza e hanno percepito il tempo come prezioso. Ogni fase di lavorazione un impegno a fare bene… Ma a fare bene non per sé stessi bensì per chi li avrebbe ricevuti… L’altra grande emozione che in istituto si annulla è infine la dedizione. Hanno voluto conservare ed esporre una coppia di Levante sulla nostra bacheca in laboratorio… non volevano distaccarsi da quell’oggetto che ha evocato emozioni, acceso ricordi e resi fieri lavoratori.”

Le prime memory box con la coppia di elefantini sono pronte per partire, e le mani operose sono già alla ricerca di nuovi tessuti per la seconda tornata di elefanti.

L’attenzione è la forma più pura di generosità, diceva Simone Weil e non c’è un solo dettaglio, di tutta la Memory Box, che non sia stato pensato con in mente le persone che lo riceveranno. A cui va, da sempre tutta la nostra attenzione e tutta la cura possibile.

 

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