Oggi abbiamo fatto una festa.
La festa, che è iniziata in Australia ed è in corso a New York, si chiama ufficialmente “Ending Preventable Stillbirth“, e celebra l’uscita di un nuovo numero monografico sulla morte in utero fortemente voluto da Lancet (dopo il lavoro del 2011) e frutto di tre anni di intenso lavoro (compreso il mio e quello di Alfredo, coautori del lavoro numero 4).
Per noi, che siamo sì ricercatori, ma anche e soprattutto genitori colpiti da lutto, quella di oggi è stata la festa al tabù.
Perchè l’Italia deve farsi coraggio e dire basta al tabù sul lutto perinatale.
#ciaotabù, l’ho prontamente ribattezzata, dopo avere letto centinaia di tweet e decine di commenti di genitori e operatori italiani.
Dopo dieci anni che ne parlo, che studio, che ho imparato a difendermi dal tabù e dalla sua longa mano ad artiglio, finalmente, anche la comunità scientifica internazionale concorda (cioè cum-cordis, cuori all’unisono, “con lo stesso cuore”)
“Il tabù e lo stigma peggiorano la qualità del supporto ai genitori e dunque peggiorano il loro lutto”.
Da oggi, #ciaotabù sarà il mio hashtag 2016.
Per la prima volta in 40 anni di lavori sulla morte in utero, genitori, operatori, professionisti, ricercatori concordano nel puntare il dito sugli effetti devastanti che il tabù provoca dal punto di vista sanitario, psicologico e psicosociale.
Per la prima volta è scritto, nero su bianco, che il tabù è “roba vecchia”.
Che mantenere i tabù ha una ricaduta negativa in termini di prevenzione degli eventi evitabili e di promozione della salute.
Non solo, mantenere il tabù si traduce in un aumento dei costi e della spesa sanitaria.
Quindi #ciaotabù
Non servi a nessuno.
Non servi quando cerchi di negare l’evidenza: due milioni e seicentomila morti in utero ogni anno nel mondo., 98% nei paesi in via di sviluppo, in India in Pakistan e in Africa soprattutto. 2% negli altri paesi. 6 al giorno in Italia;
non servi quando metti il bavaglio ai giornalisti, e fai calare il silenzio sui nati morti, sulle storie dei genitori, su cosa è importante sapere per proteggere la gravidanza e fare prevenzione;
non servi quando confondi le acque e sposti il problema su questioni di lana caprina, e intanto i genitori aspettano;
non servi a lenire il dolore dei genitori. Anzi, tabù, la tua presenza impedisce la sana elaborazione del lutto, e favorisce lo sviluppo di lutto complicato;
non servi agli operatori e ai medici che spesso, travolti dall’evento e poco preparati dal punto di vista accademico ed emotivo, restano feriti dal lutto e, anche grazie a te e alla vecchia storia che gli operatori realmente professionali non si devono far coinvolgere dai problemi dei pazienti, non riescono a chiedere il giusto e meritato supporto;
non servi a chi vuole fare bene il suo lavoro in scienza e coscienza, qualunque esso sia;
non servi ai genitori in lutto, soli ed isolati, soprattutto grazie a te;
non servi agli amici e ai parenti dei genitori in lutto che, anche grazie a te, non sanno spesso fare altro che ripetere “puoi sempre farne un altro” “siete giovani” “dovete reagire”;
non servi ai politici, ai dirigenti, alle aziende ospedaliere: a chi giova infatti avere un armadio ideologico pieno di pregiudizi, opinioni, sentito dire e confezioni da mille pezzi di “si è sempre fatto così”? A chi serve pensare che dopotutto “I figli si rifanno”?;
Caro tabù, vorrei poterti dire che hai fatto il tuo tempo, ma lo so come siete fatti voi tabù: non mollerai facilmente la presa, non permetterai un facile e rapido cambiamento culturale: sennò non saresti un tabù.
Se vuoi restare ancora un pò, giusto il tempo per arrenderti all’evidenza, fallo.
Ma prima di allungare di nuovo la tua mano ad artiglio guarda negli occhi un genitore che ha dovuto dire contemporaneamente “ciao e addio” al suo bambino e diglielo, in faccia “puoi sempre farne ancora” o “forse non ci credevi davvero, in questa gravidanza”.
Quando hai finito con quel genitore, trova un’ostetrica in smonto notte: guardala, chiudere l’armadietto, dopo avere appena lasciato la stanza in cui per tutta la notte ha sostenuto, accarezzato, consolato una donna in travaglio impietrita dal dolore della morte perinatale, dove ha incoraggiato un papà incredulo; guardala bene, guardale le mani: con quelle mani, con quelle braccia, ha accolto il corpo del bambino nato morto, lo ha toccato, lo ha guardato, sistemato, e presentato ai suoi genitori.
Dopo avere guardato in faccia un genitore e un operatore, l’ultimo sforzo, tabù:
guarda quel bambino, guarda quel volto.
Sentiti piccolo, tabù.
Perché l’amore per questi bambini è talmente grande, che prima o poi ti spazzerà via.
Materiale utile
La Serie Ending Preventable Stillbirth del 2016
La Serie Stillbirth del 2011
Materiale informativo a cura dell’International Stillbirth Alliance
Riassunto della Serie in italiano, per operatori
Riassunto della Serie in italiano, per la comunità