“Io piangevo, disperata, avevo paura e non ci volevo credere che la mia bambina stava nascendo morta, e lei mi ha detto, deve firmare qui, non si preoccupi, ci pensiamo a tutto noi”.
Mi occupo di lutto perinatale da quando è morto mio figlio Lapo, nel 2006. Quasi 11 anni fa.
Un tempo ragionevolmente lungo per analizzare l’argomento, in tutte le sue declinazioni, evidenziare le eventuali carenze e provare a promuovere un ragionevole e civile cambiamento.
Pensavo erroneamente che un genitore in lutto, in Italia, dovesse occuparsi soltanto del suo lutto, degli aspetti psicologici, di quelli medici eventualmente correlati all’evento.
Mi sbagliavo.
In Italia, un genitore in lutto deve essere (più spesso di quanto si creda) anche ostetrico, ginecologo, psicologo, avvocato, funzionario dell’anagrafe, funzionario dei servizi cimiteriali, esperto di leggi di polizia mortuaria, di autopsie, di esami istologici e via discorrendo.
Direi che sono troppe competenze, per un genitore alle prese con la morte di un figlio.
Direi che ognuna delle figure professionali che si interfacciano con un genitore in lutto, durante tutto l’iter sanitario/amministrativo, dovrebbe avere piena conoscenza della materia di cui si occupa, per tutelare la propria professionalità, e per poter svolgere al meglio il suo lavoro quotidiano.
L’approssimazione in sanità non è un indicatore di funzionamento, in nessun caso. Non è certo un buon investimento, per il cittadino che paga le tasse, investire in approssimazione.
Non è ammissibile che gli operatori non sappiano rispondere o rispondano a caso a domande banali e semplici di tipo organizzativo/burocratico/legislativo che riguardano la professione che esercitano.
In Italia si calcolano circa 180.000 aborti spontanei / tardivi (al di sotto della 25 settimana di età gestazionale) annui.
Un numero elevato di persone ogni giorno perde il proprio figlio (possiamo chiamarlo in altri modi, la sostanza per i genitori non cambia) e riceve un foglio che dovrebbe informare sullo “smaltimento”/sepoltura del corpo.
Nella metà dei casi, le persone firmano senza nemmeno leggere, facendosi orientare da ciò che sul momento dice l’incaricato.
Nell’altra metà dei casi, le persone firmano sull’onda dell’emotività e dello shock, senza neppure riuscire a pensare che la gravidanza si è fermata e il bambino è morto.
Poi esistono alcune rare eccezioni: uomini e donne lucidi nel loro dolore che hanno già le idee chiare e scelgono in modo appropriato per loro, come affrontare l’argomento del corpo del bambino.
Qualunque sia la decisione presa tra le due possibili (smaltimento in ospedale o sepoltura), solo in questi rari casi possiamo essere sicuri che quella decisione sarà stata responsabile e consapevole, e dunque NON sarà occasione di rimpianti o rimorsi.
Restano allora da affrontare tutti gli altri casi: quelli in cui l’operatore non sa spiegare, e quelli in cui il genitore non riesce a comprendere/ nè a decidere cosa vuole fare, perchè è tutto assurdamente rovesciato.
Verrebbe la tentazione di dare la colpa al “singolo operatore” che non sa spiegarsi o non conosce le regole.
Oppure verrebbe la tentazione di fare ricadere tutta la responsabilità sul genitore in shock, che dà tre risposte diverse alla stessa domanda fatta a distanza di mezzora e non sa cosa vuole.
Invece, la responsabilità di questa grave inadempienza amministrativa è primariamente a carico delle aziende ospedaliere, che a fronte di un numero elevato di perdite prenatali, non sono in grado di strutturare e porre in essere un protocollo interno che prenda in esame questo evento e lo svisceri accuratamente, passo dopo passo, così da non lasciare spazio all’ignoranza, e alle sue conseguenze sulla salute degli utenti.
Un’azienda ospedaliera dovrebbe infatti avere chiaro l’iter diagnostico/terapeutico/legale e amministrativo di un prodotto del concepimento/embrione/feto che muore e nasce in un suo reparto:
dovrebbe poter ricostruire il percorso di questo corpo, dalla pancia della mamma fino alla cremazione/sepoltura.
Dovrebbe saper spiegare, a tempo debito (non durante il travaglio abortivo! o immediatamente dopo l’espulsione), cosa prevede la legge in materia di approfondimenti diagnostici, quando necessari, e in materia di sepoltura.
Dovrebbe sapere che un consenso informato intempestivo e incomprensibile, rischia di divenire “consenso estorto” con ciò che ne consegue in termini civili e penali.
Dovrebbe sapere che è incivile (ma anche deontologicamente abominevole) che il personale incaricato di spiegare le procedure e ottenere il consenso e le firme NON conosca l’iter e non sappia cosa sta facendo firmare.
Dovrebbe sapere che un cittadino, quando usufruisce di un servizio, ha doveri e diritti. Il diritto alla corretta assistenza, nel quale rientra la corretta informazione, è inalienabile.
Per tutti questi motivi, chiediamo che tutte le aziende ospedaliere italiane in cui siano presenti i punti nascita e i reparti di ginecologia creino e poi favoriscano l’applicazione di protocolli aziendali aggiornati e esaustivi sulla morte prenatale e perinatale e sull’assistenza alle famiglie.
Nel frattempo, continueremo ad inviare all’urp e alle direzioni sanitarie le vostre segnalazioni e le vostre richieste, continueremo, come abbiamo sempre fatto a spiegare il razionale di un protocollo aziendale completo ed esaustivo, e continueremo a distribuire il nostro materiale informativo affinchè nessuno più debba sentirsi dire da un professionista sanitario:
“ok forse nn hanno saputo spiegarle ma signora perchè non si tranquillizza va a casa e piange a suo figlio in casa o in chiesa perchè vuole sapere per soffrire, io voglio sapere senno nn sarò più tranquilla io nn dormo le dico lei mi deve capire e mi dice suo figlio è dentro a una fosse comune e il comune come fa a cercarlo nn si può e stato mandato con altri prodotti abortivi vanno tutti in una fossa lei non può cercarlo li dentro.”.
Questo, ed è ben noto in letteratura scientifica, costituisce una traumatizzazione secondaria che contribuisce alla patologizzazione del lutto. Che a sua volta si associa a depressione post partum nelle gravidanze successive.
Vogliamo promuovere la salute, o vogliamo essere iatrogeni?
Noi di CiaoLapo, abbiamo scelto di stare dalla parte della salute.
Per spiegare meglio, in allegato i nostri documenti sulla sepoltura, a partire dal 2008, che potete trovare qui.