Quando si parla con i bambini è necessario abbassarsi alla loro altezza. Noi adulti, forse per via delle ginocchia non più troppo elastiche, siamo un po’ restii ad abbassarci all’altezza di qualcun altro. Ci viene meglio, ci viene spontaneo, parlare “dall’alto in basso”. Coi bambini no. Con i bambini “dall’alto in basso” non funziona. Se poi, con questi bambini, vogliamo parlare di morte, ecco che per non fare brutte figure è necessario abbassarsi alla loro altezza.
Oliare le ginocchia, dunque.
Esporsi a domande pungenti come lame. A sguardi indagatori. A esplosioni di parole. O di silenzi. O di singhiozzi. O di mal di pancia-testa-collo improvvisi e subitanei. O a disegni rivelatori.
A dediche, piene di amore.
A giganteschi perchè, che ci riempiono di angosce ancestrali, perchè la risposta a quei perchè non ci è dato saperla e lì cascano gli asini (caschiamo asini, sarebbe meglio dire).
Oliare le ginocchia è atto terapeutico per noi adulti, impegnati come genitori, come terapeuti, medici, pedagogisti, insegnanti, a compartecipare alla crescita di bambini, nostri e altrui. Oliare le ginocchia è atto iniziale e finale di percorsi dovuti, al ruolo professionale (o familiare) che abbiamo.
Oliare le ginocchia oggi, e mettersi con fiducia, rispetto e riconoscenza all’altezza dei bambini affamati di domande e di incertezze-certe, in un’epoca dove è tutto veloce, tutto facile, tutto manualistico ed orientato verso la soluzione del problema, è importantissimo, soprattutto quando al problema in oggetto la soluzione non c’è.
“Ma io volevo una sorella. Perchè sono l’unica di tutta la classe senza sorella?”
“Perchè il tuo fratello è morto? Ma poi, torna?”
Oliamo le ginocchia e mettiamoci in ascolto dunque:
Dei nostri bambini, i bambini e fratelli in lutto, e delle loro reazioni alla perdita.I bambini ci insegnano molto, se ci sintonizziamo alla loro altezza.
Di noi stessi, i genitori in lutto, e di quel calderone di dolore bollente che ci ha travolto e al contempo della smania che in molti abbiamo avuto di proteggere come prima cosa i fratelli grandi.
Proteggerli dal dolore, salvarli, dal dolore, trasformare la morte, il dato di fatto, in un qualcosa di più duttile e malleabile.
“Ho subito pensato che volevo andare io a prendere L. a scuola. Non avrei sopportato che sapesse da qualcunaltro della morte di M.”
La stessa smania può prendere una forma uguale e contraria: tenere fuori i nostri figli dal dolore, evitando di incontrarli, evitando di incrociare i loro sguardi indagatori e rivelatori.
“Ho detto a mia madre di dire che eravamo fuori per un improvviso congresso a Roma. Non avrei potuto affrontare un parto e anche il dolore di mio figlio grande”.
Di chi prima di noi ci è passato. Nello storico forum di CiaoLapo c’è uno spazio di riflessione dedicato a questo aspetto della comunicazione del lutto con i bambini. Perchè condividere in un ambiente protetto è meglio che impazzire da soli. (con il vantaggio indubbio che si rischia anche di restare lucidi per come si può essere lucidi quando si è appena subito un lutto).
Di fonti autorevoli affidabili. Più siamo in difficoltà più il nostro pilota automatico ci spinge a affidarci al primo che passa e che ci sembri “sufficientemente” preparato (è tipico, ad esempio, pensare che il pediatra, cioè il dottore che cura le malattie dei bambini, sappia anche di lutto, e quindi abbia tutte le risposte alle nostre domande: peccato che la laurea in medicina non sia la laurea in “cose della vita” e quindi il pediatra, che magari è eccellente infettivologo e fine diagnosta, può avere le sue personali paturnie sulla morte, come tutti noi, e quindi può non essere figura autorevole per parlare di psicologia del lutto nell’infanzia).
Più siamo in difficoltà più la nostra capacità critica di fare scelte e compiere decisioni si ristringe: non lo sappiamo, ma più siamo in difficoltà più una parte di noi è a caccia di un “facile rimedio” per alleviare la difficoltà. Scatta il principio della delega, che ha senso a patto che sappiamo a chi stiamo delegando un passaggio importante della nostra vita. I pericoli degli esperti improvvisati, sono ben noti e documentati, soprattutto in rete. La rete ci propone ricette di ogni tipo. Il lutto è un tabù. L’educazione dei figli è argomento modaiolo. (Tutti, ma proprio tutti, amano dirci cosa dovremmo fare in quanto aspiranti bravi genitori). Cosa dire a un bambino colpito da lutto è argomento frequente di discussione in rete. (Fuori dalla rete, il fuggi fuggi, ma di questo ci occuperemo in un altro post). Si legge tutto, il contrario di tutto, e il contrario del contrario di tutto. Come dire, è materia di discussione e non potrebbe essere altrimenti, perchè il tema è molto caldo. Da molti anni abbiamo cercato di dare vita a una riflessione pubblica sul lutto nei bambini insieme alla nostra psicologa dell’età evolutiva e psicoterapeuta, la dott.ssa Simona Agosti. Le sue risposte alle domande delle madri potete leggerle qui.
CiaoLapo si occupa da molti anni di educare al lutto. I motivi per cui abbiamo deciso di occuparci non solo degli adulti direttamente colpiti dalla perdita perinatale ma anche dei bambini direttamente (fratelli, cugini) o indirettamente (compagni di scuola, amici) coinvolti sono stati affrontati qui.
Abbiamo organizzato corsi di formazione, laboratori per insegnanti, laboratori per famiglie, laboratori per bambini presso alcune scuole elementari.
Insieme a Cecilia Ginanni, psicologa e psicoterapeuta, abbiamo anche scritto una riflessione per gli addetti ai lavori, in questa pubblicazione scientifica, sui più diffusi approcci autorevoli al lutto perinatale nei fratellini.
Grazie ad una mamma di CiaoLapo quest’anno abbiamo avuto l’occasione di essere presenti con la nostra storia sui diari scolastici di un grande istituto comprensivo. Abbiamo oliato le nostre ginocchia per metterci all’altezza di “bambini e ragazzi” come gruppo-scuola, senza dimenticare la loro unicità speciale di bambin* e ragazz*, ciascuno con il proprio vissuto. Arrivare a questo gruppo, portando la nostra storia associativa, senza parlare dall’alto. Senza usare parole che potessero schiacciare i bambini già curvati da vissuti pesanti, o opprimere bambini già oppressi dalla paura della morte.
Usare le parole.
Parlare con.
Con i bambini, con le parole giuste, con i giusti tempi.
Parlare della morte non solo in occasione del 2 novembre, non solo quando muore il nonno, non solo perchè in classe è appena capitata la disgrazia e dunque
adesso il fino-ad-oggi negletto argomento negletto non è più.
Parlare della morte come parte della vita, con gli interlocutori più privilegiati che esistano.
Perchè domani, da adulti, possano avere ginocchia migliori delle nostre.
Dal “diario” dell’Istituto Comprensivo di Fino Mornasco:
“Guarderai le stelle, la notte. (…) Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò su una di esse, visto che io riderò su una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!”
“E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto.
Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me.
E aprirai a volte la finestra, così, per il piacere…
E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo.”
Antoine de Saint Exupery, Il piccolo principe
CiaoLapo è un’associazione nata nel 2006 per ricordare Lapo, che come il Piccolo Principe un giorno è volato su una stella, poche ore prima di nascere.
Ogni anno alcuni Piccoli Principi vanno ad abitare sulle stelle sfiorando appena le nostre vite.
In Italia accade ad un bambino ogni 200 nati.
CiaoLapo lavora per aiutare le famiglie che perdono un bambino durante la gravidanza o dopo la nascita e per diffondere quelle pratiche sanitarie che ogni anno potrebbero salvare almeno 600 bambini.
Come lavoriamo?
Negli ospedali affianchiamo i medici e le ostetriche e supportiamo i ricercatori impegnati a studiare la morte perinatale; aiutiamo i giovani impegnati nelle loro tesi di laurea su questo argomento e
lavoriamo con i comuni per sensibilizzare la cittadinanza ogni 15 Ottobre, per la giornata mondiale della consapevolezza sul lutto perinatale. Inoltre lavoriamo nelle scuole insieme ad alcune insegnanti per riflettere sui temi della vita, del dolore e della resilienza attraverso le opere di molti scrittori ed illustratori. Non è mai facile parlare di morte: ma se nessuno ne parla, quando accade, nessuno sa cosa dire o fare. Il Piccolo Principe, allora, può darci una mano.
Se vuoi saperne di più: naviga insieme a un adulto su ciaolapo.it e su babyloss.info, o scrivici a info@ciaolapo.it
Buona vita, buona scuola e grazie per l’attenzione,
Claudia Ravaldi, fondatrice e presidente di CiaoLapo onlus.