Quando ho perso mio figlio non c’erano parole per dirlo: le ho dovute inventare.
Ho perso la mia goccia di rugiada! dice il fiore al cielo dell’alba, che ha perso tutte le sue stelle.
(Rabindranath Tagore )
Lapo se ne è andato di sabato notte, in silenzio, nella mia pancia.
Come spesso accade a molte di noi, quando ho capito, che c’era qualcosa che non andava, il terrore della verità mi ha paralizzato.
Ricordo quel giorno, per intero.
Cosa ho fatto, un momento dopo l’altro.
Cosa ho detto, a chi e dove.
Ricordo distintamente di avere sperato, dieci, cento, mille volte, di essere solo “troppo ansiosa”.
A nulla sono valse le mie preghiere silenziose, rivolte direttamente a lui.
Per favore rimani.
Per favore rimani.
Per favore, bambino mio, rimani qua.
Sono una brava mamma, sai? O almeno, mi impegno un sacco per essere una brava mamma. Posso migliorare, tantissimo, se rimani.
Balliamo amore che ti piace tanto?
Tu non ti sei più mosso.
Tu non ti muovi.
E non ti muoverai. Non qui, con me.
Posso venire con te?
Quella sera, un bambino “quasi nato”, atteso come si attende la notte di Natale, è andato via.
Mi dispiace non c’è battito.
Lo so, lo sapevo già.
Ma non voglio saperlo.
Non può essere vero.
Non si va via così.
Il mio bambino.
Che in un istante diventa “feto nato morto”.
Orrore per la parola morto.
Orrore per la parola feto, usata per prendere le distanze dalla colossale esperienza di vita che stava accadendo, in quella stanza, e in altre migliaia, contemporaneamente nel mondo (ancora, ahimè, non sapevo, quante siamo, ogni giorno, a precipitare dall’attesa al vuoto cosmico, come astronauti sganciati nello spazio, senza meta).
Avevo un problema gigantesco con la parola morto.
Non volevo assolutamente avvicinarla alla parola bambino.
Al Mio bambino.
Non potevo pensarla.
Non potevo dirla.
Morto è una parola definitiva.
Dopo che sei morto, scompari.
Soprattutto se non hai vissuto “abbastanza”, se sei senza storia.
Nove mesi di amore, nove mesi di pancia non sono “abbastanza” per una storia da ricordare, mi dicevano.
Ma io ero la tua mamma.
Questa era l’unica cosa chiara, tanto quanto la tua assenza.
Dove eri andato?
Perchè così lontano dalle mie braccia?
Perchè nel silenzio generale di tutti?
Perchè condannato all’oblio, come qualcosa di insignificante?
Non eri, e non saresti mai stato insignificante. Non per me.
Ma non potevo, non potevo, non potevo iniziare a raccontarti dalla fine.
Non potevo iniziare la tua storia dalla tua morte.
C’era della vita da raccontare.
C’era dell’amore da coltivare.
C’era un nome da pronunciare.
C’erano troppe cose belle, del prima, non potevano venire nascoste dentro la parola nato-morto.
Ecco perchè, quel giorno di tanti anni fa, sei diventato il mio bambino meteora.
Non volevo che finisse la tua storia.
Volevo che la tua presenza, breve, fosse comunque luminosa, e fonte di gioia e meraviglia. Come le stelle cadenti.
Ma anche “cadente” mi faceva paura.
Perchè cadere è prossimo allo “sparire” della morte: ciò che è caduco, infatti, è qualcosa di destinato a morire.
Tu eri già morto, e io non potevo nemmeno pensarlo, di pensarti “cadente”.
Almeno nel mio cuore, volevo che tu restassi, ancora un pò, come io ti conoscevo.
Fonte di stupore, di gioia e di meraviglia.
Come una meteora nel cuore della notte.
Sai, mio bambino cocciuto che hai voluto fare quel che ti pareva, perchè lo dice Gibran “i figli non sono i vostri figli e bla bla bla”, la meteora è una stella:
una stella luminosa, e indisciplinata, che si stacca e se ne va in giro per il cosmo.
Meteora è sinonimo di stella, di luce, roccia, ghiaccio e materia che disegna traiettorie nel cielo e nessuno la può fermare.
La stella meteora si può solo ammirare, avvolti dal buio.
I bambini meteora, come le stelle nella notte di San Lorenzo, se ne vanno, si staccano da quello che sarebbe dovuto essere il loro posto nel cielo, e vanno a illuminare tutto intorno, danzando.
Quindi possiamo ancora ballare, bambino mio.
Ringrazio per questo post mio figlio e tutti i genitori di CiaoLapo che hanno desiderato danzare con le loro stelle, contribuendo a rendere “ufficiale” un nome per descrivere i nostri bambini, senza dimenticare la loro essenza, che è stupore, meraviglia e gioia.
Con affetto per tutti i bambini Meteora e i loro genitori.