Una riflessione su gravidanza, prematurità e terapia intensiva neonatale ai tempi del coronavirus.
Sappiamo che la gravidanza rappresenta un momento di grandi cambiamenti fisici ed emotivi durante il quale possono emergere timori ed incertezze che rendono questa esperienza composita e complessa. La quantità di sensazioni, emozioni, pensieri più o meno piacevoli, più o meno gioiosi, più o meno ansiosi che “travolgono” normalmente le donne durante la gravidanza sono indubbiamente un grande bagaglio esperienziale, che necessita di spazi e tempi adeguati di elaborazione e di una buona accoglienza dentro se stesse e fuori per essere integrato nel proprio vissuto in modo il più armonioso possibile.
Tutto questo “lavoro” viene fatto normalmente da ogni donna in attesa ed è favorito da un ambiente esterno propositivo, facilitante ed accudente. Questa ultima condizione ambientale non dipende direttamente dalla volontà della donna, ma da una serie di circostanze e di variabili che spesso sfuggono al controllo del singolo.
La pandemia che sta imperversando da Gennaio in tutto il mondo è un chiaro esempio di condizione ambientale avversa, che sfugge alla volontà e al controllo del singolo. In questo contesto particolare i cambiamenti psicofisici della gravidanza e del puerperio possono essere completamente amplificati e condizionati dal clima generale di incertezza e paura che stiamo vivendo e per le donne in attesa può essere molto più difficile trovare quell’equilibrio salutare tra emozioni, pensieri, sensazioni, desideri e realtà.
Se pensiamo ai normali cambiamenti interni che avvengono durante la gravidanza e li pensiamo durante la pandemia, ci rendiamo dunque conto che è opportuno ripensare alle strategie di sostegno ed intervento con le madri in attesa, anche alla luce di tutte le restrizioni sociali legate al contemimento della diffusione del virus. In questa cornice complicata occorre inserire infine una riflessione specifica per tutte quelle situazioni nelle quali l’andamento della gravidanza si discosta dalla fisiologia.
L’arrivo di un neonato prematuro durante una pandemia è una situazione che deve dunque tenere conto di tutti questi aspetti.
Abbiamo chiesto a Sara Lanzini, psicologa perinatale di Milano, di riflettere con noi su questo tema che nella confusione di queste settimane rischia di restare nell’ombra.
“È molto importante riflettere per comprendere meglio le emozioni e i vissuti di quei genitori che, con l’arrivo del loro piccolo, affrontano la realtà della TIN (Terapia Intensiva Neonatale).
Conoscere l’ambiente della TIN, per lungo o breve tempo, è per i genitori motivo di incertezza, angoscia e stress in un momento in cui invece dovrebbe esserci solo la gioia per l’arrivo del loro bimbo: molti genitori la descrivono come una realtà sospesa dove ogni giorno si affrontano talvolta ostacoli e talvolta progressi spesso piccoli ma incredibilmente potenti. Ecco quindi che ora, in questo momento in cui tutto è più faticoso e limitante, uno spazio importante va dedicato proprio a quei genitori, a coloro che si trovano ad affrontare un inizio alla vita difficile in un momento che già difficile di per sé.
La situazione in questo momento in Patologia Neonatale e nelle TIN è surreale: a differenza di altri reparti, vuoti o semi deserti per l’emergenza in corso, qui la vita continua come sempre. I bimbi nascono, chi prima del tempo, chi con difficoltà, chi con patologie non ancora definite o chi con problematiche già evidenziate in gravidanza e tutto continua incessantemente. E’ in questa realtà che si scorge tuttavia una grande differenza: gli ingressi dei genitori prima quasi totalmente liberi e non vincolati da particolari orari, sono ora purtroppo molto più limitati nei tempi e nelle modalità per ragioni naturalmente di sicurezza ma che purtroppo spesso fanno si che si incrementi quel senso di impotenza ed inadeguatezza che i genitori sperimentano nel periodo di permanenza in Patologia Neonatale.
Appare spesso molto difficile comprendere come aiutare le neo mamme e i neo papà, in queste circostanze: ciò che spesso riportano è il non sentirti capaci nel loro ruolo nei confronti di quel piccolino, di sentirsi inermi, di non poterlo stringere, dargli da mangiare, consolarlo ed è allora che diventa fondamentale spiegare che invece molto si può fare e che la loro sola presenza è davvero importante per quel bimbo che può sentire la loro voce, il tocco delicato e la vicinanza. Come possono essere aiutati ora questi genitori? Come possono essere messi nelle condizioni di sapere che anche se il tempo è minore loro sono ugualmente una risorsa fondamentale ed inesauribile per il loro bambino? E’ complicato ed impegnativo, ma è fondamentale che questo avvenga. Ciò che stiamo attraversando fa paura, genera tanti pensieri e tante domande ma questi genitori vivono i primi momenti della vita, più o meno difficili, del loro bambino ADESSO e meritano ADESSO, tutto il sostegno e l’aiuto possibile da parte di noi operatori sanitari. Ecco quindi che un ruolo rilevante lo riveste la comunicazione e la capacità di approcciarsi in modo empatico e accogliente nei confronti dei genitori: la possibilità di un dialogo costante, di un contatto con gli operatori che si prendono cura del loro bimbo e la possibilità per loro di mantenere la possibilità di uno spazio di ascolto e di sfogo in questo momento appaiono necessarie e come operatori dobbiamo sempre comprendere che la persona che abbiamo davanti è una persona che sta vivendo un momento di normale paura e difficoltà in un momento che di normale non ha nulla e come tale ha il diritto di poter ricevere il nostro supporto e la nostra accoglienza. “
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Noi abbiamo vissuto la tin per un mese, un lunghissimo mese con i nostri gemellini; un’ancora di salvezza nell’incertezza e nella paura di quel periodo, intensificate dalle refole anti covid, sono stati gli operatori sanitari che ogni mattina mi accoglievano con un “buongiorno MAMMA”… in tin non sono mai stata chiamata per nome o signora… Li ero MAMMA ❤️
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