Cosa è il lutto perinatale (e come prendersene cura)
È molto importante avere chiaro di cosa parliamo, quando parliamo di un’esperienza personale così travolgente e trasformativa come quella del lutto perinatale.
In questo articolo affronterò punto per punto le cose più importanti da sapere quando ci troviamo ad affrontare un lutto perinatale, dalla definizione al sostegno possibile.
Definizione di lutto
Lutto è una parola che deriva dal latino lugere, e significa, letteralmente, “pianto per la perdita di una persona cara”.
Ma “Lutto” in psicologia è molto di più: con il termine lutto si descrive un insieme molto ampio ed eterogeneo di REAZIONI successive ad una perdita significativa.
Il lutto è un complesso insieme di reazioni che una persona sperimenta sia nel corpo che nella mente (nel lutto acuto sono coinvolti miliardi di neuroni, numerose aree cerebrali e tutto il sistema che regola la risposta allo stress!) dopo una perdita che la persona stessa ritiene e percepisce significativa e grave. Il lutto è un vissuto totalmente SOGGETTIVO: sia perché ognuno attribuisce la sua personale importanza alla perdita sia perché le reazioni psichiche e fisiche, anche davanti alla stessa perdita, possono essere molto diverse da persona a persona.
Le reazioni alla perdita possono essere emozioni più o meno intense (paura, rabbia, tristezza, vergogna, vuoto, stordimento, incredulità etc), sensazioni corporee (brividi, formicolii, pesantezza alle gambe/braccia, senso di peso sul petto), pensieri ricorrenti (sul passato, su ciò che è accaduto, sull’angoscia del futuro), comportamenti che scegliamo di mettere in atto o di evitare (esempio, evitare di uscire, recarsi frequentemente al cimitero, navigare su internet per ore alla ricerca di storie simili alla nostra).
La perdita, infine, può essere di due diversi tipi: una perdita fisica (una persona cara, il proprio animale d’affezione, la propria casa) o simbolica (un progetto, una funzione, una promozione che non ci viene concessa). Quindi, non ha alcun senso dire che il lutto si ha quando muore un bambino già nato. La scala dei dolori ha fatto sì che per anni e anni il lutto perinatale fosse messo nel sottoscala, al buio, in compagnia dei non lutti: si chiama “disenfranchised grief”, lutto negato e le sue conseguenze per la salute delle persone in lutto sono devastanti. CHI SMINUISCE UN LUTTO È IGNORANTE E NON PUÒ ESSERCI DI ALCUN AIUTO.
Definizione di perinatale
In psicologia la parola perinatale, (letteralmente intorno alla nascita) descrive un periodo di tempo che va dal concepimento fino al primo anno dopo il parto. La ricerca sulla salute mentale perinatale ha evidenziato infatti che questo arco di tempo è particolarmente faticoso e comporta una vulnerabilità tale da richiedere maggiore cura ed attenzione, soprattutto per il benessere psichico della donna / coppia / nascituro o neonato. Pertanto, le perdite che avvengono nel tempo perinatale possono essere definite “lutto perinatale”.
In un tempo non lontano e spesso ancora oggi, si tende a chiamare “lutto perinatale” solo quello relativo a perdite intorno al parto (hanno copiato la vecchia definizione medica di morte perinatale, confondendo morte con lutto). Sappiamo da numerosi studi clinici e ricerche che il lutto non ha peso e non ha misure, perchè è soggettivo.
Quindi, tutto ciò che, a livello simbolico o fisico si configura come una perdita dal concepimento al primo anno dopo il parto è un lutto perinatale. In questo elenco molto corposo sono comprese anche esperienze relative al mondo dell’infertilità e della procreazione medicalmente assistita, le gravidanze extrauterine, le gravidanze biochimiche e l’embrioriduzione.
Quindi: nessuno al di fuori di chi vive l’esperienza di perdita può dire se quell’esperienza per quella persona è un lutto o no. Non esiste l’enciclopedia dei lutti, e sapete perché? Perchè virtualmente sono tanti quante sono le esperienze significative per ogni persona.
Il lutto perinatale è l’insieme di emozioni, sensazioni, pensieri e comportamenti che seguono l’esperienza di perdita del bambino atteso, dal concepimento al primo anno dopo il parto.
Lutto perinatale: durata
Numerosi studi ci dicono che la durata fisiologica di tutte queste reazioni alla perdita varia dai sei mesi ai due anni circa: questo significa che sebbene possano alternarsi momenti migliori e momenti peggiori, nel percorso di elaborazione del lutto alcune delle nostre reazioni alla perdita (esempio: la paura di non avere altri figli, o la mancanza struggente del bambino perso, il fastidio nel vedere altri neonati o donne in attesa etc) sono ad alto volume, si prendono tutto lo spazio e ci richiedono grandi sforzi per mantenere un umore accettabile o riuscire ad esempio a lavorare con una certa continuità nella stessa giornata.
Secondo il DSM V tr, il manuale americano della salute mentale, se dopo un anno dalla perdita le reazioni sono ancora acute e invalidanti come all’inizio, si può parlare di lutto prolungato, una complicanza che riguarda almeno 1 persona su 3.
Lutto perinatale: cosa ostacola l’elaborazione fisiologica del lutto
La fretta di “superare” (NOTA: il lutto non è una gara, non devi dimostrare nulla a nessuno, non c’è nulla da “superare”, c’è un’esperienza umana da attraversare e lasciarsi alle spalle a tempo debito, portando nel cuore ciò che è mancato)
Non sapersi prendere cura di sè, non essere abituate a farlo, non volerlo fare “per punirsi” (capita, di odiarsi, dopo un lutto perinatale: è il lato oscuro del lutto, dobbiamo poterci difendere).
L’assenza di sostegno (nella coppia, in famiglia, nel gruppo di amici, sul lavoro etc): la solitudine è nella top 10 delle sensazioni provate dalle persone con lutto perinatale. È quella che ci fa fare cose pazze, come credere al primo che passa e che ci offre attenzione sui social, spacciandosi per “esperto” di un fenomeno, quello del lutto fisiologico e dispensatore di consigli triti e ritriti a pagamento. I social media NON sono il luogo per elaborare il lutto. Possono essere d’ispirazione per riflettere se offrono buoni contenuti, possono aiutare a fare una parte del percorso, ma il lutto si elabora nella quotidianità della vita reale, magari cercando nella propria rete di amicizie, qualcuno su cui poter contare un po’ di più.
La presenza di più eventi traumatici ravvicinati: avere avuto tre aborti nel primo trimestre è più rischioso per la nostra salute psicofisica che avere avuto un’unica perdita a metà gravidanza. Attenzione a chi è qualunquista con la pelle degli altri.
Una gravidanza successiva troppo precoce (le linee guida internazionali suggeriscono almeno 6 mesi tra la perdita e la nuova gravidanza): almeno 4 mesi, diciamo noi di CiaoLapo, dopo avere monitorato oltre 1500 gravidanze successive, giusto il tempo per sgrezzare la parte del lutto più corposa e vedere che piega prende.
Lutto perinatale: complicanze
Le complicanze che negli anni sono state descritte nelle donne e nei partner colpiti da lutto perinatale sono soprattutto di tipo psichico (NON VI TERRORIZZATE, la mente fa parte del corpo, si ammala come tutto il resto, siamo umani, siamo di carne): i disturbi dell’umore sono presenti nel 70% delle donne lasciate senza sostegno dopo un lutto perinatale (LANCET 2016) ma sintomi di ansia o depressione sono presenti nel 30% di quelle che hanno ricevuto una qualche forma di sostegno.
Le complicanze sono presenti anche dopo la nascita di un successivo bambino sano, tant’è che, per fare un esempio, la depressione post parto è presente nel 30% delle donne con precedente morte in utero (nella popolazione generale di puerpere il tasso è del 12-15%). MORALE: occorre monitorare la propria salute e lavorare sul proprio benessere dalla perdita per un tempo non inferiore ai 18 mesi. Se arriva un altro bambino/a, farsi accompagnare nel percorso è molto sensato.
Lutto perinatale: cosa favorisce l’elaborazione del lutto
Un intervento di sostegno precoce trauma orientato fin dal momento della diagnosi, durante il ricovero e dopo le dimissioni (quello che insegniamo NOI, gratis, agli operatori ospedalieri italiani con un apposito corso certificato di 8 ore);
La presenza di una relazione di coppia solida; (che non vuol dire ELABORARE IL LUTTO ALLO STESSO MODO, MA RISPETTARE I BISOGNI PROPRI E ALTRUI ALLO STESSO LIVELLO)
La presenza di una famiglia di origine affettivamente disponibile e accogliente; (E QUI, SAPPIAMO CHE CASCANO TANTI ASINI, PERCHÈ IL MULINO NON È QUASI MAI BIANCO)
La presenza di risorse affidabili e corrette sull’argomento; (PRENDETEVI IL TEMPO PER NAVIGARE SUL NOSTRO SITO E SPULCIARE L’AREA DOCUMENTI)
La presenza di un sostegno sul territorio; (I CONSULTORI DOVREBBERO AVERE SERVIZI DEDICATI AL LUTTO PERINATALE)
La presenza di politiche sociali ed economiche che riconoscAno il lutto perinatale come un evento traumatico e tutelIno le madri lavoratrici in lutto e i padri lavoratori in lutto. (AL DI SOTTO DEL 180 GIORNO, NESSUNA TUTELA. CONGEDO PER I PADRI COLPITI DA MORTE PERINATALE, AD OGGI, SOLO SE LAVORANO NEL PRIVATO)
L’intenzione di prendersi cura di sè per tutto il tempo necessario: VOLERLO FARE È GIÀ METÀ DELLA FATICA
NOTA: come fanno quelli ( e siamo tantissimi) che non hanno quasi nessuna di queste “risorse” a disposizione? QUELLI (eccomi), si concentrano su quello che c’è, anche fosse un frammento di un millimetro e per tutto il resto cercano un sostegno appropriato. Il LUTTO NON È UNA MALATTIA, ma è UN’ESPERIENZA dell’essere umano. Dolorosa, drammatica, difficile, nessuno la vorrebbe fare. Ma siamo naturalmente programmati per elaborarla con meno danni possibili. (lo sanno gli elefanti, lo sanno le orche, lo sanno i lupi, lo sanno gli scimpanzè: chi siamo noi, per non saperlo?)
Si può fare, anche se all’inizio ci sembra di essere aggrappati a una zattera, al buio, in mare aperto e con gli squali alle calcagna.
Lutto perinatale: il sostegno appropriato
Non esiste UN solo sostegno appropriato per TUTT*.
Perché?
Perché il lutto è un’esperienza soggettiva e come la elaboriamo dipende in gran parte da come siamo fatte e fatti, da quali sono le nostre risorse interne e quali le nostre “debolezze” (o talloni d’Achille che dir si voglia). Inoltre, passate le prime 4-6 settimane in cui il nostro cervello fa il suo lavoro ed elabora la sua risposta al trauma, inizia la parte del lutto più “autentica e corposa”, quella nella quale vengono fuori in modo netto le eventuali difficoltà, il grande senso di mancanza, la nebulosità del futuro etc, il senso di indegnità, di rivalsa, di rabbia furibonda etc. Quindi, dopo il primo paio di mesi, come stiamo ci dirà cosa ci serve e che direzione prendere.
Per questo motivo si inizia sempre con un primo sostegno psicologico di accompagnamento: si vede che strada prende il lutto, se e quanti sono i sintomi invalidanti etc.
Dopo di che, a seconda di come si sta, è possibile intraprendere varie strade: si può proseguire con il sostegno psicologico standard, accedere a un percorso di psicoterapia (esistono tanti tipi diversi di psicoterapia, scegliete l’approccio più adatto a voi), avere bisogno di un sostegno farmacologico, dedicarsi a pratiche come la mindfulness, lo yoga ed altre discipline che lavorano con e sul corpo, imparare una cosa nuova (un’arte, per esempio), scrivere, partecipare a un gruppo di automutuoaiuto, coltivare fiori, danzare. Sì, avete letto bene. Ciascuna di queste cose ha un suo senso nel lungo percorso di elaborazione sana del lutto. Ciascuna di queste cose, in un certo momento, può essere l’unica cosa che riusciamo a fare per noi. L’importante è tenere la rotta salda. L’importante è non perdersi. Ma trovare il proprio spazio privilegiato di espressione è una grande risorsa, di per sè. E fare una di queste cose o più di una insieme non è, mai, tempo perso.
“Mi rendo conto che l’anno dopo l’aborto non ho pubblicato niente: ho lavorato molto duro, ho partecipato a dei congressi, ho insegnato, ma non ho scritto. Anzi, ho abbandonato la prima stesura di un libro cui stavo lavorando sulla quale non sono più tornata. Come posso registrare su carta un lutto che mi ha paralizzato?” Emilie Pine, Appunti per me stessa